• Categoria dell'articolo:Economia e Politica
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Notizia di oggi che il debito pubblico italiano ha toccato una nuova vetta, precisamente quota 2.034,725 miliardi di Euro. Siamo indebitati per 2034 miliardi e 725 milioni di euro, una cifra mostruosa a fronte di un PIL di 2.198 miliardi di $, corrispondenti a 1.691 miliardi di euro. In pratica è come se una famiglia italiana che all’anno guadagna 30.000 euro, avesse un debito di 37.800 euro (126% del PIL).

La differenza è che la famiglia italiana lavora, guadagna, fa la formichina e lentamente, in 5/10/20 anni riesce a ripagare il debito, funziona così con i mutui per esempio. La famiglia italiana, se ha un debito del genere, sa che può spendere, sui 30.000 euro, 25.500 poiché i restanti 4.000 servono per ripagare, in 10 anni, il debito (ho già aggiunto gli interessi).

Cosa cambia rispetto allo Stato? Semplice, che quest’ultimo sta continuando a indebitarsi, anziché spendere i suoi 25.500 ne spende 30.900 (3% di deficit) e quindi quei 900 in più vanno a sommarsi all’enorme debito che continua a lievitare, e oggi abbiamo fatto un nuovo record, negativo ovviamente.

Rido quando fior fiori di giornalisti, esperti ed economisti sottolineano come noi siamo stati alle regole del Patto di Stabilità, essendo rientrati nel 3%, mentre la Francia no, quindi la rigorosa Europa starebbe sbagliando e dovrebbe consentire anche all’Italia di essere più elastica.

Ecco, il deficit pubblico, per chi non lo sapesse, è quella percentuale di spesa annuale che va al di là delle entrate, in pratica è un ammanco, cioè quella spesa di 900 euro, presa in esame poco fa, che l’Italia sta spendendo. Però qua non parliamo di 900 euro, quello era un esempio per calarlo nella realtà di una famiglia italiana, la realtà dei fatti è che con un Prodotto Interno Lordo di 1.691 miliardi di euro, quel disavanzo del 3%, che abbiamo fatto registrare nel 2012, significa che abbiamo speso quasi 51 miliardi di euro che non avevamo, con buona pace di qualsiasi manovra economica e tassa pagata.

Noi non dobbiamo guardare alla Francia, alla Germania e fare a gara a chi ce l’ha più lungo. Dobbiamo guardare in casa nostra, il deficit pubblico al 3% è una mostruosità, significa che ci stiamo legando il cappio al collo e stiamo aspettando il boia che dia un calcio al barile che abbiamo sotto ai piedi. Saremo bravi, veramente bravi, se riusciremo ad avere non un deficit pubblico ma un surplus o avanzo pubblico, possibilmente del 3%. Solo così riusciremmo ad abbassare il debito pubblico. Chi se ne frega della Francia che supera il 3%, se lo fa è perché se lo può permettere. Noi no.

Questi sono i dati dell’Europa (dati WikipediaFMIEuro Parlamento, dati 2012):

NazionePIL (miliardi $)Debito Pubblico (miliardi $)Debito pubblico / PILDeficit / PIL
Austria35626374%2,5%
Belgio41941599%3,9%
Francia2.2752.04790%4,8%
Germania3.1552.61983%-0,2%
Grecia319546171%10%
Irlanda181213118%7,6%
Italia1.8612.344126%3%
Portogallo248295119%6,4%
Spagna1.4371.30891%10,6%

Come si evince chiaramente dalla tabella, è vero che la Francia ha speso ben 4,8% in più di quanto ha guadagnato, ma ha un debito pubblico di 2.047 miliardi a fronte di un PIL di 2.275 miliardi, insomma, quest’anno ha speso di più di quanto ha guadagnato, ma se lo può permettere poiché il debito non ha ancora superato il PIL. E così anche la maggior parte dell’Europa. Siamo noi che non ce lo possiamo più permettere un debito del genere, anche perché su tale debito si pagano degli interessi e questa tabella seguente dice quanto si paga (dati in miliardi di euro – Fonte: FMI World Economic Outlook).

Nazione2007200820092010201120122013Totale
Austria666676643
Belgio1212121212131285
Francia47524244495048332
Germania60585553495857391
Grecia111212131510881
Irlanda112445726
Italia73776667738482523
Portogallo25201826241999
Spagna323710285788135386
Totale2442603173023133312741.966

Negli ultimi 7 anni abbiamo pagato 523 miliardi di interessi, in pratica un quarto dell’intero debito pubblico. Siamo la Nazione che in Europa paga di più di interessi, ciò perché siamo quella con il debito pubblico più alto, dopo Germania e Francia, ma a differenza di quest’ultime, avendo il debito che supera il PIL, siamo costretti a pagare dei tassi di interesse mediamente più alti.

Appare chiaro che in una situazione del genere è impossibile sopravvivere.

Le soluzioni per uscire da questa situazione sono semplici da dire, complesse, molto complesse, da mettere in atto.

  • L’Italia dovrebbe:
    • Diminuire la spesa pubblica tagliando tanti sprechi
    • Diminuire le tasse così che la liquidità innesti spese e quindi circolazione di moneta e di economia
    • Innestare sistemi sociali così che i tagli vengano armonizzati e nessuno rimanga improvvisamente senza lavoro
    • Tagliare i dipendenti pubblici over xx anni, garantendo un paracadute sociale
    • Per ogni X di dipendenti pubblici tagliati, assumere un Y di giovani neo laureati così da abbattere la disoccupazione giovanile
    • Favorire, attraverso leggi ad hoc, l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani
    • Riformare il sistema di contratti in essere penalizzando e tassando le assunzioni a tempo e defiscalizzando pesantemente le assunzioni a tempo indeterminato
  • L’Europa dovrebbe:
    • Permettere alla BCE di acquistare titoli di stato liberamente, allo stesso modo di come succede alla FED o in Giappone
    • Decidere di svalutare un po’ l’Euro così da innestare nuovamente le esportazioni e far valere un po’ di meno il debito addosso agli Stati
    • Legiferare e decidere di raggruppare tutto il debito sotto un unico cappello (euro bond), il quale non pagherà gli interessi (quasi negativi) della Germania ma non sarà nemmeno al 5/6/10% come i bond dei paesi periferici
    • Legiferare in modo che lo Spread sia una questione di panni da lavare in casa e sia uno strumento per premiare, in Europa stessa, le Nazioni che vanno bene e “penalizzare” le Nazioni che vanno male
  • La BCE dovrebbe:
    • Una volta ricevuti i mandati, dalla Commissione Europea, ad acquistare titoli di stato, svalutando la moneta, acquistare a man basse cercando di calmierare di tanto i tassi di interesse e facendo sì che il PIL, grazie alla svalutazione della moneta, aumenti in modo da assorbire in parametri prestabiliti il rapporto Debito/PIL
    • Farsi garante di controlli bancari, così da evitare nuovi scandali come quello del Monte Dei Paschi di Siena o situazioni analoghe successe in Spagna e Francia
    • Gestire la raccolta e l’emissione di bond europei
    • Gestire il rapporto tra Nazioni europee, legandolo al deficit (nuovo spread), così da obbligare le Nazioni che spendono di più a pagare di più, all’Europa, e premiare con questi soldi le Nazioni più virtuose
    • Gestire il conio di monete, centralizzando questo lavoro così da evitare possibili falsificazioni (come ipotizzato in un articolo precedente)

Tutto ciò non è nuovo, sono proposte arrivate sin dalla nascita della moneta unica nel 2002, ma fino a ora sono state accantonate per questioni geopolitiche (l’Euro forte fa gola alla Germania).

Il problema è che non saranno nemmeno discusse fino (almeno) a settembre, data in cui ci saranno le votazioni in Germania. Dopo quella data, se dovesse vincere la Merkel probabilmente ci sarebbe un piccolo addolcimento, ma nulla di veramente stravolgente. Se invece dovessero vincere i partiti anti-euro (e attenzione perché il Grillismo sta prendendo piede anche oltre-alpe), si potrebbe avere un ritorno della Germania al Marco e in quel caso, i restanti paesi dell’Euro, sarebbero liberi di svalutare… o far fallire l’Euro (con conseguenze difficilmente calcolabili).

Da qui a settembre, comunque, ci toccherà ancora pagare e guardare… in attesa delle elezioni tedesche.

Tornando infine all’affermazione del titolo “non se, ma quando…”, la domanda corretta potrebbe essere “Se dovessimo essere sul baratro, i politici ci salveranno?” oppure “Se l’Italia fallisse, cosa succederebbe?” o ancora meglio “Se l’Italia fosse in reale difficoltà, la Germania abbandonerà il rigore per dare ossigeno, svalutando la moneta come hanno fatto in Giappone, USA, altre Nazioni e come faranno in Korea?”.

Ecco, a queste domande abbiamo provato a dare una risposta, ma togliamo il “se” e mettiamo il “quando”, perché se continuiamo così non sarà ipotetica l’affermazione nella domanda, sarà una sicura condizione da affrontare…