Resto sui buoni pasto e La Piadineria

Pubblicato Categorie: Aziende
La Piadineria
Una visuale dell'interno di una piadineria, catena di fast food

Inizio a pensare seriamente di dover cambiare lavoro… mi riesce benissimo trovare le aziende che hanno comportamenti “strani” e stanarli. Ce l’ho fatta con Tre Italia, Groupon, ENI, Trenitalia e Mediaset Premium.

Ora tocca a La Piadineria, una catena di negozi che fanno piadine da asporto.

La premessa è che qualche mese fa, sotto al mio ufficio a Milano, viene aperto un punto di questa catena. Le piadine partono da 5,5€, un vero miracolo in centro a Milano, dove finalmente si può mangiare senza spendere un patrimonio. Certo… si tratta di una piadina e non è possibile mangiarla ogni dì, ma di tanto in tanto sì.

Inizio a frequentarla, pago con i buoni pasto che mi dà l’azienda, da 8,16€ (sembrano tanti ma fidatevi che in centro a Milano son pochissimi), e mi viene rilasciato un resto su uno scontrino apposito. Mi piace in particolare la piadina con tonno, pomodoro e maionese che costa 5,60€ e quindi a ogni pasto mi viene dato un resto da 2,56€, come questo:

Resto a un buono pasto
Il resto rilasciato da La Piadineria

Succede che ogni volta pago con il resto e la parte rimanente con un nuovo buono pasto, così facendo arriviamo a un saldo (a un resto) di circa 7,50€.

Succede anche che uno va in ferie per qualche giorno (è agosto per tutti) e al ritorno si ritrova ancora il resto in tasca… vorrebbe pagare con quello ma la gentile signorina al banco avvisa che è scaduto poiché passato un mese dall’emissione. In effetti è vero, c’è anche scritto…

Ma è regolare tutto ciò? Perché se lo fosse io avrei pagato 3 piadine 25 euro, decisamente eccessivo. La risposta non la so, sono ignorante, e come ogni volta in cui non so qualcosa cerco di informarmi. Trovo su Internet il Decreto Ministeriale del 18.11.2005 (ben esplicitato anche qui) che parla di Ticket restaurant. Riporto testualmente:

i ticket restaurant non sono cedibili, commercializzabili, cumulabili o convertibili in denaro

Quindi sono personali e non si possono convertire in denaro. Nulla viene detto sul resto ma c’è anche scritto che:

sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale (art. 5 del DPCM 18.11.2005)

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Allora perché vengono emessi dei resti? Semplice: perché altrimenti nessuno andrebbe a La Piadineria per comprare un bene da 5 euro pagandone 8. Quindi il negozio ha convenienza a dare resti. Inoltre, sottolineando il fatto che il decreto non parla di “resto”, la dicitura appena riportata non viene violata. Quando io pago 8,16 € attraverso il buono pasto lo sto realmente utilizzando per intero, infatti nessuno mi restituirà un resto in denaro, ma un bene (la piadina) e titolo di credito (il resto).

Quindi, partendo dal presupposto che la legge nel merito non dice nulla di particolare, anzi, vieta solo di convertirlo in denaro, mi chiedo: è corretto dare un titolo di credito che abbia una scadenza?

Tecnicamente è corretto ma personalmente lo trovo molto “strano” come metodo. Infatti qui in zona nessuno si comporta così, loro sono gli unici, qui nel centro di Milano i ristoranti si comportano in questi pochi modi:

  • Non accettano buoni pasto;
  • Li accettano ma non danno resto, quindi si perde il disavanzo;
  • Li accettano e danno un resto che è valevole SEMPRE.

Inutile dire che le prime due categorie vengono solitamente evitate come la peste ed ecco perché il 90% degli esercizi si comporta come il terzo punto di questa breve lista. Insomma, non fanno un favore, all’esercizio conviene dare il resto poiché altrimenti non avrebbero clienti.

La Piadineria no, dà il resto ma appena possibile te lo fa perdere…

Fin qua, anche se trovo personalmente scorretto il comportamento, comunque (da ignorante che si è informato) mi pare non violino alcuna legge, semplicemente cercano il metodo a loro più congeniale per riuscire a “fregare” il cliente. E il cliente fregato una volta difficilmente torna, ma questo l’avranno valutato e se son contenti, ben venga. Anche perché con 25 euro avrei fatto almeno 3 piatti di pasta e non 3 piadine.

C’è però un’altra cosa che mi suona strana: riguardate lo scontrino in alto, come vedrete è uno scontrino “NON FISCALE”, giustamente poiché è un resto, quindi non deve essere fiscale. Nel momento del pagamento di 8,16€ però mi viene dato uno scontrino fiscale, come questo:

Scontrino La Piadineria
Lo scontrino per una piadina a La Piadineria, pagato con buono pasto da 8,16 €

Questo è giustamente fiscale, ma è da 5,60… ricapitolando: io pago con 8,16€, l’azienda incassa 8,16€ (in realtà un po’ di meno perché il buono ha delle commissioni per l’esercente) viene fiscalizzato 5,60€ e il resto, non fiscale (che poi perdo perché passa più di un mese), è di 2,56.

Nel mio caso: io ho preso 3 piadine, sommando sempre i resti, quindi ero con un buono in mano di 7,68€ che, essendo passato un mese, ho perso. Quindi, sempre ricapitolando, io ho pagato 24,48€ (3 buoni pasto da 8,16€), gli scontrini fiscali sono stati di 16,80€ (5,60€ di piadina x 3), risulta un avanzo di 7,68€ che non sono stati fiscalizzati ma sono stati incassati…

Sempre da ignorante chiedo: ma non si tratta di evasione fiscale bella e buona? Non è che la scadenza a stretto giro oltre che per fregare i clienti è stata messa anche per fare un bel po’ di nero?

Boh, io non sono certo un fiscalista e la risposta, benché logica, non è scontata; mi piacerebbe avere una risposta dalla Guardia di Finanza, l’unica in grado di fare chiarezza e, se serve, di punire a dovere…

Risposta da La Piadineria

La seguente risposta mi è stata data attraverso Facebook e con piacere la ripubblico.


Buongiorno Orazio,
Dopo aver raccolto tutte le informazioni necessarie in azienda rispondo agli appunti che ci muove nel suo post in merito alla gestione dei buoni pasto.

Partiamo da una premessa: decidere se accettare o meno i ticket e quali accettare è una scelta completamente discrezionale da parte di un’azienda. Visto il peso esorbitante delle commissioni richieste dalle società che li emettono (arriviamo addirittura al 12% del valore facciale del ticket) va da sé che si tratta di una scelta soprattutto commerciale, che fa parte della strategia del brand e si modula principalmente sulla composizione della clientela. Una buona parte del nostro target utilizza i ticket e quindi nei nostri negozi accettiamo tutti i principali buoni pasto.

Come da lei evidenziato anche la scelta di concedere un buono sul valore non consumato del buono pasto è una decisione dell’azienda: accontenta il cliente e lo invoglia a tornare nel nostro punto vendita. Ma perché da noi questo buono scade nel giro un mese? La motivazione è soprattutto di ordine pratico: gli scontrini sono stampati su carta termica e l’inchiostro tende a sbiadire col passare del tempo. Quando abbiamo cominciato ad accettare i buoni pasto subito ci siamo accorti che una scadenza andava fissata. I 30 giorni ci sono sembrati un buon compromesso per fidelizzare la clientela.

Veniamo ora all’insinuazione più grave (e mossa con troppa leggerezza a nostro parere): quella di incorrere nel reato di evasione fiscale.

Come si evince dalla stessa fonte da lei citata:

La cassa del negozio deve emettere uno scontrino pari a quanto effettivamente consumato dal cliente e – eventualmente – emettere un buono per il disavanzo rispetto al valore nominale del ticket.

“Nei casi in cui il prezzo del servizio/bene acquistato dal lavoratore presso l’esercizio convenzionato: sia inferiore al valore del ticket, […] si ritiene comunque possibile emettere uno scontrino unico per la somministrazione/cessione parziale, per importo equivalente all’intero valore del buono ritirato, ed indicare il credito a mano sullo stesso scontrino/ricevuta fiscale o su un bigliettino allegato”

L’azienda è invece tenuta a fatturare il valore facciale del buono e su questo vengono applicate e correttamente pagate le tasse perché:

“La consegna del ticket restaurant da parte del lavoratore, cliente dell’esercizio convenzionato, è un’operazione non soggetta ad IVA;
Infatti, l’operazione che rileva ai fini IVA è la prestazione di servizi (ovvero cessione di beni) che l’esercizio convenzionato rende nei confronti della società emittente i ticket. Tale prestazione di servizi consiste nell’impegno ad effettuare la somministrazione ovvero cessione di beni (di cui al DPCM del 18 novembre 20014) alla presentazione del ticket. Trattandosi di prestazione di servizi, il momento di effettuazione ai fini IVA è quello disciplinato dall’art. 6 del DPR n. 633/1972, quindi, all’atto del pagamento del relativo prezzo o, se anteriore, al momento in cui l’esercizio convenzionato emette fattura alla società emittente i ticket”.

Semplificando: il ticket non è un ricavo al momento della vendita in negozio, lo diventa solo al momento della fatturazione nei confronti della società emittente.

Da qui si capisce bene che la scelta di concedere un buono va a vantaggio e non a svantaggio del cliente, che può comunque consumare l’intero valore del suo ticket.

Come può vedere gestiamo tutto a norma di legge e con la massima trasparenza. Spero di averle fornito una risposta esaustiva, alla quale sono certa che, come cliente e come giornalista, darà il corretto risalto.

Restiamo a disposizione per qualsiasi ulteriore informazione.

Customer Care and Support
GRUPPO LA PIADINERIA SRL
servizioclienti@lapiadineria.com

Considerazioni finali

Devo fare anche i complimenti alla società che mi ha piacevolmente stupito. Non capita tutti i giorni di ricevere una risposta così puntuale e precisa.

Sulla questione della carta termica, problema che realmente esiste, probabilmente si possono trovare altre soluzioni, o comunque i clienti che si presentano con un foglio quasi bianco poiché scolorito devono essere rimbalzati. Non si può fare di tutta l’erba un fascio.

Sulla questione dell’evasione, come premesso, non sono un fiscalista e ho messo i miei dubbi in forma interrogativa, sperando proprio in una risposta del genere.

Ribadisco i miei complimenti per come la società ha gestito il caso. Un esempio di come un problema si può girare in opportunità di visibilità.